Come si può avere l’originale idea di raccontare la storia di Mantova attraverso fotografie stereoscopiche di fine Ottocento? Non ve lo sappiamo spiegare, ma Massimo Meschieri, laureato al Dams di Bologna in Storia dell’Architettura Contemporanea, lo ha fatto nel suo libro “ Mantova fin de siècle ”, della casa editoriale Il Rio. L’autore parla della sua monografia come di uno strumento capace di raccontare la storia della fotografia e dei fotografi passando per le metamorfosi urbanistiche di fine ‘800 e inizi del ‘900 della nostra città, attraverso la stereoscopia e una raccolta completa di guide turistiche ottocentesche. Ma che cos’è esattamente la stereoscopia? Si tratta di un concetto molto tecnico; è una modalità di percezione della terza dimensione, spiega Meschieri, una specializzazione della tecnica fotografica. Questa particolare tecnica di visione risale al 1838, quando a Londra Sir Charles Wheatstone inventa lo stereoscopio, uno strumento in grado di approcciarsi con le proiezioni prospettiche. La stereoscopia vede una sua più ampia evoluzione a Parigi con l’ottico e fotografo Doboscq e approda a Mantova, importata dagli ottici, subito dopo l’annessione all’Italia del 1866.
A raccontare la storia di Mantova, le fotografie di fine Ottocento: il Ponte dei Mulini, il ponte di San Giorgio, Porta Cerese, Porta Pradella – Belfiore, scorci del classico percorso urbano turistico come Piazza Sordello, Piazza Erbe, Piazza Marconi e Palazzo Te per rievocare una città, sotto molti aspetti, completamente cambiata dal punto di vista urbanistico e architettonico. Fotografie talvolta da definirsi veri e propri quadri paesaggistici, che sfoggiano tecniche di effetti di rilievo, profondità, esaltazione della prospettiva.
“Mantova fin de siècle – Fotografie stereoscopie e iconografia nelle guide turistiche tra Otto e Novecento”, questo è il titolo completo, racchiude in sé curiosità e raffinate tematiche; risulta infine essere uno spunto in grado di incentivare, non solo il recupero e la conoscenza della storia, ma anche tutto il contorno culturale che essa, attraverso le immagini e la fotografia, riesce a rievocare.