La pandemia del coronavirus ha indotto il Governo a garantire le Imprese che intendano indebitarsi con le banche attraverso l’accensione di prestiti. Sappiamo che per le sole PMI (piccole e medie imprese) le garanzie statali assommano a 30 miliardi di euro. Queste garanzie, su informazione dei mass media vengono in parte utilizzate per coprire vecchi debiti invece che essere utilizzate per nuovi indebitamenti. Nessuno nel corso di queste settimane ha ritenuto di illustrare l’effetto di questi 30 miliardi di garanzie (solo per le PMI) sul bilancio dello Stato e sulla vita quotidiana dei cittadini. Vediamo di definire il Saldo netto da finanziare dello Stato. Si tratta di un semplicissimo bilancio dove vengono descritte le spese (finali) da finanziare, da qui “saldo netto da finanziare”, contrapposte alle entrate (finali) dello Stato. Entriamo nel concreto. Le spese per lo Stato come sappiamo sono le spese correnti (stipendi, pensioni ecc. ecc.) e le spese in conto capitale (tutti gli investimenti che lo Stato esegue nel corso di un esercizio, per esempio l’anno 2020).
La somma delle spese correnti più le spese in conto capitale dovranno trovare finanziamento con le entrate dello Stato. Queste sono: le entrate tributarie (imposte) più le entrate extra tributarie (tasse – si noti che imposta e tassa NON sono sinonimi hanno specificazioni ben diverse), più le alienazioni e l’ammortamento di beni (vendita di Patrimonio dello Stato e accantonamenti per gli ammortamenti), più il rimborso di crediti.
Una componente della voce rimborso dei crediti è composta dalle garanzie statali prestate. Lo schema del saldo netto da finanziare dello Stato è quindi così composto: + Spese correnti + Spese in conto capitale – Entrate tributarie – Entrate extra tributarie – Alienazioni e ammortamento beni patrimoniali – Rimborso di crediti (garanzie statali) = Saldo netto da finanziare. Risulta di tutta evidenza che per cercare di far quadrare il saldo netto da finanziare, se aumento un elemento con segno meno (-) come per esempio le garanzie statali (30 miliardi per le sole PMI) dovrò giocoforza aumentare anche gli altri elementi con segno negativo.
Dato che le alienazioni del Patrimonio dello Stato e gli ammortamenti li posso considerare costanti, non resta altro che aumentare le entrate tributarie (imposte) o le entrate extra tributarie (tasse), quindi maggiore pressione fiscale.
In alternativa è possibile diminuire la spesa corrente (meno servizi per i cittadini) oppure minori spese in conto capitale (minore possibilità di lavoro per le imprese), oppure una combinazione degli elementi indicati cioè meno investimenti, meno servizi ai cittadini ed incremento della pressione fiscale.
Ci potrebbe essere l’ultima via percorribile cioè portare il saldo netto da finanziare come incremento del debito pubblico, quindi aggravio per il Bilancio dello Stato dovuto al pagamento degli interessi passivi sugli oltre 2.400 miliardi di debito pubblico italiano. Questo significherebbe una sicura riduzione del rating internazionale che passerebbe dall’attuale BBB a BB- così da avere lo stesso rating del Marocco.
Pare che la soluzione ottimale da più parti avanzata sia la monetizzazione del debito pubblico ma questo suscita (ingiustificato) panico nell’ambiente governativo. L’informazione corretta, tempestiva che riferisca alla collettività tutte le possibili soluzioni credo sarebbe necessaria ed utile in questa crisi che sarà ricordata come una crisi secolare. Nessun panico per la monetizzazione del debito, basta spiegare.