Oggi pomeriggio riprenderanno le trattative in seno all’Eurogruppo per trovare una soluzione alle difficoltà economiche, specie dei Paesi (PIIGS) del Sud Europa dovute alla pandemia. L’ennesimo rinvio è dovuto alle resistenze dei Paesi “rigidi” quali Germania, Olanda, Finlandia e Austria che insistono nell’utilizzo dei finanziamenti del MES mentre sono contrari all’emissione degli eurobond come invece vorrebbe l’Italia. Se venissero davvero emessi gli eurobond sarebbero dannosi per i BTP domestici e il vantaggio derivato dal loro uso sarebbe praticamente nullo. Vediamo le ragioni a sostegno di quanto sopra. Partiamo dall’improbabile emissione degli eurobond. Uno Stato, un qualsiasi Stato sovrano, quando necessita di liquidità per la sua politica economica emette titoli di debito (per noi i popolari BTP, CCT, CTZ BTP Italia ecc. ecc.). Il risparmiatore si presenta in banca acquista il titolo di debito statale, versa il dovuto ed in cambio riceve il titolo di debito. Questo titolo contiene la promessa dello Stato dove sostanzialmente dice: con questo titolo, io Stato, garantisco che alla scadenza restituirò il valore di questo mio titolo e per tutta la durata pagherò gli interessi qui indicati. La promessa dello Stato può essere mantenuta perché lo Stato sovrano, attraverso il suo potere d’imperio, coattivamente riesce a riscuotere le imposte e le tasse dai suoi cittadini. La garanzia che lo Stato presta con l’emissione dei titoli di debito pubblico riposa nelle sue capacità impositiva e di riscossione. Se l’UE dovesse emettere gli eurobond, titoli di debito dell’intera UE, avrebbero la stessa caratteristica del titolo di debito visto sopra, promessa di rimborso a scadenza con pagamento degli interessi per tutto il periodo di validità del titolo. Manca la garanzia. Nell’attuale UE esiste una fiscalità comune? No, quindi non esisterebbe alcuna garanzia per l’emissione degli eurobond. L’Italia dice NO al MES, SI agli eurobond. Facciamo un ulteriore semplice passo. In caso di (im)probabile emissione degli eurobond avremo una situazione pericolosa e paradossale per i domestici BTP. Nel mercato dei titoli italiani il risparmiatore si troverebbe davanti due titoli, i BTP italiani con garanzia dello Stato e gli eurobond con la (necessaria) garanzia europea. Il risparmiatore probabilmente sceglierà di investire la liquidità negli eurobond perché ritiene la “garanzia” europea più solida ed affidabile rispetto alla corrispondente italiana. Si creerebbero nel mercato due titoli uno di serie “A” (gli eurobond) ed uno di serie “B” (i BTP italiani). Oltre a questo lo Stato italiano per contrastare la “concorrenza” degli eurobond, giocoforza sarebbe costretto ad aumentare gli interessi pagati dai BTP domestici con un aggravio per il saldo primario dello Stato. Ora esaminiamo l’ipotesi di default. In questo caso gli eurobond avrebbero la caratteristica di essere titoli “senior”, sarebbero cioè sovraordinati rispetto ai BTP, quindi in caso di default l’Italia sarebbe costretta a non rimborsare prima i BTP, poi eventualmente gli eurobond. Un rischio considerevole per l’equilibrio economico finanziario dell’Italia. Vediamo ora le proporzioni. Sul totale dei titoli di debito italiani i BTP pesano per circa il 66%: ciò significa che l’eventuale emissione di eurobond peserebbe enormemente sullo stock del debito pubblico italiano e questo tenuto conto del probabile incremento di rendimento dei BTP annullerebbe completamente i vantaggi derivati dalla (im)probabile emissione degli eurobond tanto invocati. La soluzione è semplice, praticabile, immediata, efficace e già attiva all’estero: la creazione di moneta dal nulla (fiat monetae) e l’accredito diretto nei conti correnti di famiglie e PMI. USA, Cina, Giappone, Svizzera e Canada già lo stanno facendo con successo, l’UE no. Da oggi all’elenco dei Paesi indicati si aggiunge il Regno Unito. Nel pomeriggio assisteremo a nuovi scontri per trovare una soluzione che altri, da tempo, già usano.