A marzo di quest’anno arriverà sul grande schermo 300: L’alba di un Impero, sequel del controverso 300, uscito nel 2007. Nell’attesa, non si può che cogliere l’occasione di tornare indietro di qualche anno e riscoprire proprio quest’ultimo. Come una matrioska, 300 nasce dalla volontà di Zack Snyder di ispirarsi alla graphic novel di Frank Miller, a sua volta ispirata dal film The 300 Spartans.
Sostanzialmente, 300 racconta la famosa storia del Re di Sparta, Leonida, che con soli trecento uomini sfidò l’immenso esercito persiano, alla guida di Serse, nella mortale battaglia delle Termopili. Per essere più fedele possibile al fumetto, 300 si affida alla tecnica del green-screen (o blue-screen), presentando personaggi reali inseriti in uno sfondo digitale. Un utilizzo massiccio di tale tecnica, unito a un uso particolare dei colori, cupi e scuri, in cui il rosso del sangue risalta con forza (e quasi artisticamente) sullo schermo, restituisce un impatto visivo insolito, alle volte quasi “finto”, e per questo non apprezzabile da tutti. Bisogna però ammettere che la ricercatezza visiva è ammirabile e si dimostra una costante della pellicola. Ma giudicare 300 non è per niente facile. Probabilmente rientra in quella fascia di titoli che si amano o si odiano. Una dimostrazione è data dall’accoglienza della stampa specializzata, che a suo tempo si divise tra stroncature ed elogi. Molte delle critiche vennero rivolte al tasso di violenza (ritenuto troppo elevato) e alla mancanza di veridicità storica, almeno in alcuni aspetti. Vi è da dire che per quanto il film racconti fatti realmente accaduti, presenta diversi elementi di fantasia, tra cui spiccano sicuramente le aberranti creature che gli indomiti spartani affrontano lungo il cammino. Una sorta di metafora della grottesca potenza persiana in contrapposizione alla pura e incontaminata fierezza greca. Leonida e i suoi trecento, infatti, vengono mostrati come uomini forti, fisicamente perfetti, orgogliosi. 300 si schiera quindi apertamente dalla parte degli spartani, esaltandone le caratteristiche e non preoccupandosi di dare una visione negativa dei persiani. Addirittura, il film è stato accusato di essere razzista!
300 è un inno alla libertà, è una storia di sacrificio e di amore per la propria patria. Le filosofeggianti parole del narratore (e non solo) non possono lasciare indifferenti, restituendo all’intera pellicola un’aura quasi poetica, avvalorata da una qualità visiva che ne esalta la bellezza. 300 nasconde perciò più di mera azione sanguinolenta fine a se stessa, ma la sfrutta anche per veicolare messaggi e riflessioni. Certo, non rinuncia a una dose di spettacolarità che può far storcere il naso a molti, ma rimane comunque funzionale per mostrare la magnificenza spartana. I combattimenti sono volutamente celebrativi dell’abilità bellica greca, tra invasive sequenze in slow motion e coreografie atte a galvanizzare lo spettatore senza preoccuparsi di apparire realistiche, con tanto di musica rockeggiante in sottofondo. Ed è per questo che, a un occhio superficiale, 300 può apparire un’opera tamarra, frivola, stupida. Ma non lo è o perlomeno lo è solo in minima parte. Alla fine della visione si è soddisfatti, rimane qualcosa dell’epopea mostrata da Snydier, per nulla irrispettosa nei confronti della realtà storica. Insomma: hollywoodiano, esagerato e spettacolare, sì, ma anche profondo, coinvolgente e poetico. E poi: quanti film possono vantarsi di aver dato vita a frasi celebri, o meglio tormentoni, come “Questa è Sparta!”? Immortale come Re Leonida e i suoi trecento.
Frasi
“Nelle Termopili: marciamo. Nello stretto corridoio: marciamo. Dove i numeri di Serse non contano niente. Spartani: cittadini soldati, schiavi liberati, tutti i greci coraggiosi. Fratelli, padri, figli: marciamo. Per l’onore, per il dovere, per la gloria: marciamo. […] Nella bocca dell’inferno: marciamo”
“Qui è dove li bloccheremo! Qui è dove combatteremo! Qui è dove moriranno!”
“Ricordate questo giorno, uomini, perché questo giorno è vostro e lo sarà per sempre!”
“Non cedete loro niente! Ma prendete da loro tutto!”
“Una nuova era è cominciata. Un’era di libertà. E tutti sapranno che 300 spartani hanno dato la vita per difenderla!”
“Ricorda chi eravamo”. L’ordine più semplice che un re possa dare. “Ricorda perché siamo morti”. Lui non desiderava tributi, o canzoni, o monumenti, o poemi di guerra e coraggio. Il suo desiderio era semplice: “ricorda chi eravamo”, così mi ha detto. Era la sua speranza, se un’anima libera dovesse arrivare in questo luogo, negli innumerevoli secoli di là da venire, possano tutte le nostre voci sussurrarti dalle pietre senza età, “va’ a dire agli spartani, viandante, che qui, secondo la legge di Sparta, noi giacciamo”. E così il mio re è morto. E i miei fratelli sono morti.”